venerdì 25 novembre 2011

Heri dicebamus...

E poi quando meno te lo aspetti, e nel modo più banale, incontri una persona che non ha nessuna delle caratteristiche, fisiche in primis e poi intellettuali, che nelle tue fantasie sei solito associare al tuo ideale di uomo eppure te ne innamori, quasi inavvertitamente, senza il solito BADABAM!!! che ti saresti aspettato di sentire, senza i soliti tormenti ed estasi, eppure sei sicuro: sei proprio innamorato.
Di lui ti piacciono la calma e la determinazione con cui ha resistito alle tue sparate, come se avesse intuito cosa c'era sotto e a quello mirasse; ti piacciono le attenzioni che ti dedica e che ti fanno sentire speciale, il modo che ha di esserci senza opprimerti, la sua riservatezza che non gli impedisce comunque di manifestarti, talvolta in maniera commovente, quanto tiene a te; i suoi gesti di affetto espliciti nell'intimità, più trattenuti in pubblico ma sempre e comunque chiari e complici.
Ma la cosa che ti piace di più è proprio come sei tu in questa storia: tranquillo, sereno, calmo, disposto a vedere come si evolverà ma senza forzare i tempi, godendo quello che hai adesso senza ipotecare il futuro e ti piace come tutto questo sia possibile senza scemare di nulla l'intensità di quello che provi per lui e si, per la prima volta sei tu quello che forse stavolta spingerà per la cosa che ti ha sempre spaventato: la convivenza.
Ma è bello aspettare e stare a guardare il film e insieme  godere i singoli fotogrammi.


venerdì 21 ottobre 2011

Caro F.

Io non ho mai abitato la terra del sorriso: ho semmai fatto qualche incursione in quella dell’umorismo o dell’ironia, ma più spesso e più a lungo ho abitato la terra del sarcasmo; ho irriso, aggredito, ferito con le parole ma non ho mai  sorriso e  non sono quasi mai stato capace di accogliere nessuno con un sorriso che non fosse finto.
E tu adesso mi chiedi di parlarti della serenità
Epperò  io accetto di risponderti, proprio perché so che non te lo aspetti, perché so che la tua è una provocazione che eri sicuro che io avrei lasciato cadere.
Quando stavamo assieme, periodo di cui non ricordo quasi nulla adesso, della  serenità non  mi importava granché, preso come ero  a sperimentare l’intensità delle emozioni che provavo per la prima volta in vita mia, positive o no che fossero, e ne volevo  sempre di più, come succede con la droga, e di droga si trattava in effetti  anche se allora, e  con la tua complicità, lo chiamavo amore.
Lasciarti a un certo punto è stato  l’unico modo che ho trovato per avere  un ulteriore eccesso di emozione, ancora un po’ di droga, il dolore della tua perdita, immaginare il tuo dolore, e immaginare, sempre  dolorosamente,  te che continui la tua vita senza di me, che ami ancora dopo di me (ah, la delizia di quel dolore) di altre mani che ti toccano, di bocche che ti baciano, di cazzi che ti scopano:  tutto ciò me lo sono fatto  bastare per  anni.
Ti ricordi?
Quante volte, parlando, diciamo “ti ricordi?” quasi che la conferma dell’altro ci sia necessaria al riconoscimento di noi stessi, della nostra storia, dei nostri rapporti; eppure cosa c’è di più fallace dei ricordi, della condivisione dei ricordi?
Per quanto stringiamo in nostri corpi l’uno all’altro nel più intimo degli abbracci, le nostre anime pur tuttavia non si toccano mai e allora, per toccarle, resta solo l’illusione delle parole.

martedì 11 ottobre 2011

Nostalgias


Ancora ti capita talvolta di trovarti in una situazione che tante volte in passato hai condiviso con lui: può essere l’ascolto di un disco, una mostra d’arte, la visita a un museo, una serata a teatro o la contemplazione di un paesaggio e improvvisamente sei preso dalla nostalgia e ti ricordi di quella volta che hai fatto quella stessa esperienza con lui e hai provato una sensazione di pienezza, di felicità, di condivisione così intense che allora ti avevano quasi sopraffatto  e ti chiedi come sia stato possibile che una cosa tanto perfetta, una intesa così profonda si sia potuta dissolvere in incomprensioni e rancori; e ti viene il sospetto che forse anche allora tu abbia  fatto tutto da solo, che tu ti sia voluto illudere e che fossi tu a proiettare su di lui cose  che in realtà erano e sono ancora dentro di te ma che avevi bisogno di vedere in lui per poterlo amare e l’amore è durato fin tanto che è durata l’illusione.

lunedì 3 ottobre 2011

Sarà capitato anche a voi...

...di trovarvi in situazioni che hanno fatto si che persone, che normalmente non avreste degnato di uno sguardo, vi siano invece, in virtù della situazione stessa, apparse desiderabili ed eccitanti. Si tratta per lo più di situazioni inusuali, talvolta alquanto rischiose, e del tutto inaspettate, in cui l'opportunità di fare sesso assume improvvisamente  i connotati della cosa irrinunciabile: è come se un daimon vi guidasse laddove non avreste mai pensato, in condizioni normali, di poter arrivare. Domenica, a una esposizione fieristica di oggetti di modernariato, passi davanti a uno stand e cogli lo sguardo obliquo di uno degli addetti, niente di che, in altre circostanze avresti filato diritto, invece incominci un gioco di sguardi fingendo di interessarti agli oggetti esposti, dopo un po' ti allontani, poi ti giri, lo vedi che confabula con un collega ed inizia a seguirti, prosegui a caso per verificare che ti stia in effetti seguendo, entri in uno sgabuzzino delle scope (VIETATO ENTRARE) lasci la porta socchiusa, entra anche lui, non dice una parola, si inginocchia davanti a te, ti slaccia i pantaloni e te lo prende in bocca mentre tu con la schiena appoggiata alla porta impedisci ad altri di entrare; si rialza, tu esci per primo. Non sai neanche di che nazionalità fosse.

lunedì 26 settembre 2011

Sembra facile

Non si tratta tanto di potere avere le rassicurazioni di cui si ha bisogno, si tratta semmai di non avere bisogno di rassicurazioni.

mercoledì 21 settembre 2011

Credevo fosse amore.....

.... e invece era un calesse, diranno i miei piccoli lettori. No, era un casting! Al terzo appuntamento, dopo un pomeriggio passato a letto ad esplorarci sin nei più reconditi anfratti ma senza farci mancare mainfestazioni di affetto e intimità non solo fisiche, mi informa che si sta  vedendo anche con altre due persone e che a breve prenderà una decisione circa il prescelto come candidato al ruolo di moroso, ma di non preoccuparmi, sono quasi sicuramente io. Raramente resto senza parole.

sabato 17 settembre 2011

Noi single

vivi solo da tempo immemorabile e sei sempre stato orgoglioso della tua capacità di organizzare la tua vita e provvedere a te stesso e alle tue necessità senza ricorrere ad aiuti esterni ma oggi, di fronte ad un bucato di T-shirt e polo scure punteggiato di puntini bianchi perchè hai dimenticato un fazzolettino di carta nella tasca di un jeans, hai perso ogni fiducia in te stesso e non ti viene in mente nessuna bestemmia adeguata

The great Pretender

Li avreste  potuti considerare degli  eteronimi  se non fosse che in realtà avevano tutti lo stesso nome, il suo, anche se rappresentavano  aspetti del tutto diversi nelle diverse situazioni.
C’era il professionista di moderato successo, volitivo, sicuro di sé, antagonista del potere e perciò autorelegatosi  su piani e in  ruoli più modesti di quelli che sicuramente avrebbe potuto raggiungere se solo fosse stato un po’ più malleabile, ma voi capite, vero? Era una delle parti che gli riuscivano meglio e a dimostrarlo c’era la generale stima e la simpatia dei colleghi e di quasi tutti quelli che per la sua professione avevano a che fare con lui.
C’era poi il raffinato intellettuale dalle molte e  colte letture, dagli svariati interessi artistici, fine esegeta delle varianti, frequentatore di teatri, opere, concerti; ovviamente sempre in contraddizione con l’interlocutore del momento che aveva l’abilità di mettere in minoranza grazie alle indubbie e ben rodate abilità dialettiche. Sapeva di avere una bella voce, non facevano che dirglielo tutti, e lui usava questa dote per sedurre più che convincere, ma sapeva anche diventare tagliente e sprezzante con chi gli resisteva.
E c’era anche il romantico amante, intenso, pieno di attenzioni, quello capace di prevenire i desideri ed esaudirli prima ancora che fossero  anche solo immaginati; instancabile  a letto, disinibito al punto di non ritrarsi di fronte a nulla per raggiungere lo scopo di dare piacere.
E c’era infine la persona responsabile, l’amico fidato, quello su cui si poteva sempre contare nei momenti di bisogno, quello che rassicurava gli altri nelle difficoltà, la roccia solida cui ancorarsi nella tempesta.
Ma c’era una cosa che univa tutti questi aspetti, che dava continuità alla varietà: mentiva, mentiva di continuo, spesso senza ragione, senza scopo, mentiva come respirava, non tanto e non solo per evitare impegni o per ottenere vantaggi quanto piuttosto per una necessità di abbellimento, potremmo dire, perché in realtà a lui non importava veramente niente di nessuno, nemmeno di sé. Aveva col tempo sviluppato l’abilità di non discostarsi mai troppo dalla verità, anzi, per  successivi scarti infinitesimali, la realtà arrivava a coincidere, per verosimiglianza, con la rappresentazione della stessa a rafforzarne l’inventiva, ma capitava sempre più spesso, quando raccontava qualche episodio della sua vita, che lui stesso non sapesse più distinguere tra realtà ed invenzione, che divenisse egli stesso vittima della biografia parallela che si era costrutito in anni di menzogne,  come avesse trasformato se stesso in una invenzione letteraria di successo.
Troppo pigro per scrivere, aveva riscritto la sua vita; non sapeva chi fosse la sera, quando si addormentava, non sapeva chi sarebbe stato il mattino dopo, al risveglio.

lunedì 12 settembre 2011

Il corpo rappresentato


 Ovvero, la rappresentazione del corpo

Quali che ne siano le cause, nella civiltà occidentale la morfologia del corpo umano, ma soprattutto di quello maschile e salvo rare eccezioni, ha perso definitivamente ogni relazione con la funzione che la determinava e non rappresenta altro che la realizzazione di un desiderio identificativo (il corpo che si vorrebbe “essere” per apparire  attraenti) o di un  desiderio di possesso. E’ un corpo falso  dietro cui resta nascosta e intatta tutta la nostra sensazione di inadeguatezza.

giovedì 8 settembre 2011

Per capirci

questo blog sovrappone e sovraespone i post come fossero pose di una Lomo

Santa Perfidia

"C'è in comunità una consorella la quale ha il talento di dispiacermi in tutte le cose"
Santa Teresa di Lisieux: Storia di un'anima.

martedì 6 settembre 2011

Il corpo coperto

E viene il giorno che devi ammetterlo: non ti vesti più, ti copri. Copri un corpo, il tuo, che non ti risponde più, e nemmeno  ti corrisponde più, non è il tuo corpo, non lo riconosci quando inavvertitamente ti specchi, magari per strada, nel riflesso di una vetrina. E pensi a quante volte, negli ultimi mesi, ti sei sottratto all’ultimo momento alla possibilità di conoscere qualcuno, a quante scuse hai addotto per ritardare incontri che all’inizio ti sembravano desiderabili ma poi, mano a mano che si avvicinava il momento di realizzarli, hai mandato a monte.
Ma soprattutto capisci quante volte hai provato un vero disgusto per chi mostrava di desiderare, di toccare, addirittura accarezzare questo corpo alieno e capisci di essere fottuto, non c’è via di uscita: non puoi che disprezzare chi mostra di desiderare ciò che tu disprezzi, il tuo corpo, te in fondo.

venerdì 2 settembre 2011

Parole sante

"Ogni santo ha i suoi devoti" diceva mia nonna per giustificare il fatto che certe donne  di non  grande avvenenza  avessero come compagni uomini al contrario molto belli, e questo per sorvolare pudicamente su eventuali altre attrattive di cui noi, allora bambini, si supponeva non dovessimo essere edotti; diventato più grande la versione aggiornata era: ogni merda ha la sua mosca.

giovedì 1 settembre 2011

Qui pro quo

E' una settimana che litighi con tutti, ma proprio con tutti, e per quanto tu sia un tipo alquanto aggressivo ti rendi conto che c'è sicuramente qualcosa di inusuale in tutto ciò, e improvvisamente capisci che te la stai prendendo con chi c'è visto che non puoi farlo con chi non c'è.

domenica 28 agosto 2011

giovedì 25 agosto 2011

Non ci posso credere...

Dal programma di un workshop sul piacere anale:  "Esploreremo la connessione emotiva col nostro ano", e si pagano pure circa 300 euro! Ovviamente sono previste prove pratiche.

mercoledì 24 agosto 2011

Le beau jeune homme sans merci (*)

Percorro strade contorte di dolore
di cui ignoravo l’esistenza
senza  possibilità di perdermi
solo consapevolezza.
E vivo: col dolore si vive
e l’unica fatica è sottrarlo
alla inutile compassione.


Ti ho fatto arrivare troppo vicino
al mio cuore che quasi lo toccavi
ma tu indifferente al suo battito veloce
ti nutrivi di me per le tue insicurezze.


Nessun corpo ha il tuo odore
né la tua levigatezza
che le mie mani sapevano;
anche il mio corpo ti ricorda
e rifiuta ogni confronto.


Corpi lucenti di torme di amanti
placheranno forse il desiderio
ma lasceranno intatto il bisogno
e quando questo non sarà più
ricoperto da muscoli guizzanti
che ne farai? chi lo vorrà allora?


E il mio desiderio ti incontra ancora
ogni giorno: sapessi dove perderti!
E neppure so evitare
gli inutili se della mente.
Il mio vizio indicibile
è continuare a volerti.
Ma  a tutti vergognoso lo nascondo
e anzi fingo allegrie e sino a sera
spesso mi uccide lo sforzo di un sorriso.
   
(*) Omaggio a Keats

martedì 23 agosto 2011

Lettere d'amore

Caro L.
Chissà se ti ricordi che domani sarà il mio compleanno.
Anche non volendo certe date finiscono per diventare momenti in cui si tirano le somme e si tentano bilanci che raramente quadrano come vorremmo, anche se mentre lo scrivo mi rendo conto che questo probabilmente accade a quelli della mia età e che forse  ancora non ti riguarda, per fortuna.
Oramai è più di  un anno che tu non fai più parte della mia vita, quella reale intendo, eppure non è passato un solo giorno che io non  abbia pensato a te; mi sono accorto che non c’è un solo ambito della mia vita in cui non ci sia qualcosa che, inevitabilmente,  mi faccia pensare a te: passo dal parcheggio della banca dove talvolta posteggiavi e mi aspetto (temo? spero?) di vedere la tua auto e se per strada ne incrocio una simile è inevitabile avvertire una specie di frullio d’ali nel petto; evito  persino di andare  da S. e la R. perché il tempo del viaggio, soprattutto di quello del ritorno, diventa il tempo del ricordo di tutte le volte che l’ho  fatto assieme a te.
Che vizio inutile e doloroso la memoria, L.,  che dono del cielo può essere l’oblio!
Non sono però particolarmente infelice, per lo meno non sempre; ho momenti di serenità e la vita va avanti comunque, con le sue esigenze e i  problemi che ti obbligano a farvi fronte, per fortuna; ma l’allegria no, quella non c’è più: e mi rendo conto che eri tu la mia allegria, eri tu la mia capacità di immaginarmi diverso da come sono: un uomo di mezza età  forse un po’ ridicolo e, spero, non troppo patetico!
Il peggio è quando mi capita di immaginare che cosa tu stia facendo in un determinato momento: ti vedo luminoso al centro di quadri di cui anche io, per un po’, ho fatto parte e dai quali adesso mi sento escluso, talvolta invece sono immagini che mi straziano la carne.
Non faccio che ripetermi che era inevitabile, e anche giusto che finisse così: eravamo arrivati al punto in cui io volevo cose che tu non volevi ancora mentre  tu ne volevi altre che io non volevo più, ma ciò che la ragione sia pure a fatica comprende il cuore rifiuta con ostinazione.
Eppure, credimi, al di sopra di tutto c’è il bene che continuo a volerti e ti auguro di essere felice, L.,  o almeno sereno; ti auguro di avere accanto qualcuno che sappia e voglia amarti con impegno, generosità e intelligenza e sappia suscitare in te altrettanto; ti auguro di imparare a distinguere il quadro dalla cornice, a dare importanza alle due o tre cose nella vita che davvero ne hanno e di non fare parte di quella maggioranza che per scoprire l’importanza delle cose deve  prima perderle.
E soprattutto spero (mi illudo?) che  quello che tu sei oggi e sarai comunque in futuro  sia anche un po’ la conseguenza del fatto di avermi conosciuto e, almeno per un po’, amato.
Ti abbraccio
P.




domenica 21 agosto 2011

Buona la prima!

Più passa il tempo, e col tempo aumentano le esperienze, più mi ritrovo a dovere ribadire una cosa che ho realizzato da tanto e che ha trovato sin qui ben poche eccezioni: quando incontro qualcuno con l'unico  scopo di scopare (come mi piacciono le allitterazioni!), e le cose vanno particolarmente bene, mi capita talora di cedere alla tentazione di rivederlo. Beh, quando accade non ne vale quasi mai la pena e devo ammettere il più delle volte  che tutto quello che poteva succedere con quella persona è già successo, la prima volta.

martedì 16 agosto 2011

Di treni persi e di amori mai nati

Ero rimasto solo in città. Come ogni anno, d'estate, C. trascorreva qualche settimana dai suoi, che vivevano lontani in una città del sud. All'uscita dal lavoro,  nel tardo pomeriggio, mi ero ritrovato dalle parti della stazione ferroviaria e con la scusa di comprare le sigarette ero entrato nell'atrio, già sapendo in realtà che sarei finito ai cessi, come tante altre volte era successo.
Per darmi un tono mi ero messo a guardare  il tabellone degli orari, poi uno sguardo all'orologio, come a valutare  il tempo mancante a una ipotetica partenza, intanto l'altoparlante annuncia un ritardo consistente per un locale che conduce a una vicina cittadina termale e un ragazzo accanto a me esplode in una imprecazione.
Lo guardo, gli sorrido, siamo sul marciapiede da cui dovrebbe  partire il treno in ritardo e tra una cosa e l'altra cominciamo a parlare; mi chiede se ci sono alternative al treno per raggiungere la sua meta, tira fuori una sigaretta, gliela accendo, mi sfiora come casualmente le mani mettendole a coppa attorno all'accendino, lo guardo negli occhi e mi sorride con un misto di timidezza e sfrontatezza indugiando ancora a sfiorarmi le mani nonostante la sigaretta sia già accesa e l'accendino spento (più tardi mi dirà che mi aveva notato mentre guardavo gli orari dei treni e che quando avevano annunciato il ritardo era stato contento in realtà e che aveva lanciato l'imprecazione per attirare la mia attenzione).
Mi racconta cosa sta facendo li: è arrivato da Torino, dove vive coi suoi genitori originari della Sicilia, per incontrarsi con la sorella, che vive a Roma, con cui passerà una settimana nella cittadina termale; ha 32 anni (come me) lavora nel negozio di ferramenta del padre, si sente frustrato per non potersi permettere di vivere da solo e  il fatto di passare quella settimana con la sorella è soprattutto  l'occasione per tirare un po' il fiato e sottrarsi almeno per qualche giorno a una convivenza che gli pesa sempre di più.
Gli offro di accompagnarlo io in macchina, e siccome non ci vogliono più di una ventina di minuti per raggiungere la sua meta, abbiamo anche il tempo per bere qualcosa assieme se gli va; dapprima mostra di esitare, gli pare di arrecarmi troppo disturbo ma si vede che è tentato di accettare, al che insisto dicendogli che  trovo la sua compagnia molto piacevole e che quindi è tutt'altro che un disturbo.
Saliamo in auto: ti va di venire da me per una birra? Risponde di sì. Non l'ho mai fatto prima, non ho mai portato nessuno a casa ma c'è qualcosa in questo ragazzo che non eccita solo un puro desiderio fisico  e sento che sarebbe fuori luogo appostarsi da qualche parte in macchina, come sono solito fare. Gli spiego che sono sposato (lo immaginavo, dice) e che sono momentaneamente solo perchè mia moglie è dai suoi: "se ti da fastidio posso capirlo" dice di no, ma mi pare di cogliere una punta di delusione, quasi di malinconia nella sua voce e nei suoi occhi.
Appena entriamo lo prendo tra le braccia e comincio a baciarlo e lui risponde manifestando un desiderio e una ingordigia che mi sorprendono; finiamo a letto e succede che per la prima volta in vita mia lascio che nel sesso con un altro uomo ci sia anche della dolcezza, della tenerezza, della carezze, degli sguardi, dei sorrisi; prima di allora mi sono sempre difeso dalla mia omosessualità relegandola a  puro sfogo fisico, anonimo, muto, degradando i miei partners occasionali a solo strumento passivo del mio piacere, non permettendo mai a me stesso di vedere in loro delle persone ma solo pezzi di corpi  e poter  così scordare tutto un attimo dopo.
Ma qualcosa negli occhi  e nel modo di fare di questo ragazzo ha abbattuto d'un colpo e inaspettatamente tutte le mie ridicole difese; siamo entrambi silenziosi e imbarazzati intanto che ci rivestiamo, gli offro qualcosa da bere e mentre prendo dal frigorifero una birra vede sul tavolo della cucina un numero di Linus (ricordo perfettamente la copertina gialla) e si mette a sfogliarlo;  gli dico che può prenderlo tanto l'ho già letto, accetta subito e mi ringrazia: lo ha perso in edicola e siccome li colleziona mi è davvero grato.
In macchina, mentre lo accompagno alla sua destinazione, accarezza ogni tanto la mano che tengo sul cambio, ma non dice una parola e nemmeno io parlo; alla fine, al momento di scendere, gli dico che averlo incontrato ha reso questa giornata davvero speciale al che replica con una  ironia un po' amara che certo, d'ora in poi tutti gli anni certamente festeggerò quella data in ricordo di questo incontro; arriviamo che è buio, scende e resta un attimo in piedi vicino alla portiera aperta, come se aspettasse qualcosa da parte mia, poi come  arrendendosi  chiude la portiera e si incammina.
E io resto li, incapace di fare uscire le parole che mi si  affacciano tutte assieme alla mente, umiliato dalla mia vigliaccheria e spaventato dalla consapevolezza che si è aperta un breccia nella diga delle mie difese e che con questo presto, molto presto, dovrò fare i conti.
Al ritorno, sull'autostrada, mi fermo a piangere in una piazzola di sosta: piango per me, per lui, per il dolore che inevitabilemnte causerò e che so però di non potere evitare.