domenica 28 agosto 2011

giovedì 25 agosto 2011

Non ci posso credere...

Dal programma di un workshop sul piacere anale:  "Esploreremo la connessione emotiva col nostro ano", e si pagano pure circa 300 euro! Ovviamente sono previste prove pratiche.

mercoledì 24 agosto 2011

Le beau jeune homme sans merci (*)

Percorro strade contorte di dolore
di cui ignoravo l’esistenza
senza  possibilità di perdermi
solo consapevolezza.
E vivo: col dolore si vive
e l’unica fatica è sottrarlo
alla inutile compassione.


Ti ho fatto arrivare troppo vicino
al mio cuore che quasi lo toccavi
ma tu indifferente al suo battito veloce
ti nutrivi di me per le tue insicurezze.


Nessun corpo ha il tuo odore
né la tua levigatezza
che le mie mani sapevano;
anche il mio corpo ti ricorda
e rifiuta ogni confronto.


Corpi lucenti di torme di amanti
placheranno forse il desiderio
ma lasceranno intatto il bisogno
e quando questo non sarà più
ricoperto da muscoli guizzanti
che ne farai? chi lo vorrà allora?


E il mio desiderio ti incontra ancora
ogni giorno: sapessi dove perderti!
E neppure so evitare
gli inutili se della mente.
Il mio vizio indicibile
è continuare a volerti.
Ma  a tutti vergognoso lo nascondo
e anzi fingo allegrie e sino a sera
spesso mi uccide lo sforzo di un sorriso.
   
(*) Omaggio a Keats

martedì 23 agosto 2011

Lettere d'amore

Caro L.
Chissà se ti ricordi che domani sarà il mio compleanno.
Anche non volendo certe date finiscono per diventare momenti in cui si tirano le somme e si tentano bilanci che raramente quadrano come vorremmo, anche se mentre lo scrivo mi rendo conto che questo probabilmente accade a quelli della mia età e che forse  ancora non ti riguarda, per fortuna.
Oramai è più di  un anno che tu non fai più parte della mia vita, quella reale intendo, eppure non è passato un solo giorno che io non  abbia pensato a te; mi sono accorto che non c’è un solo ambito della mia vita in cui non ci sia qualcosa che, inevitabilmente,  mi faccia pensare a te: passo dal parcheggio della banca dove talvolta posteggiavi e mi aspetto (temo? spero?) di vedere la tua auto e se per strada ne incrocio una simile è inevitabile avvertire una specie di frullio d’ali nel petto; evito  persino di andare  da S. e la R. perché il tempo del viaggio, soprattutto di quello del ritorno, diventa il tempo del ricordo di tutte le volte che l’ho  fatto assieme a te.
Che vizio inutile e doloroso la memoria, L.,  che dono del cielo può essere l’oblio!
Non sono però particolarmente infelice, per lo meno non sempre; ho momenti di serenità e la vita va avanti comunque, con le sue esigenze e i  problemi che ti obbligano a farvi fronte, per fortuna; ma l’allegria no, quella non c’è più: e mi rendo conto che eri tu la mia allegria, eri tu la mia capacità di immaginarmi diverso da come sono: un uomo di mezza età  forse un po’ ridicolo e, spero, non troppo patetico!
Il peggio è quando mi capita di immaginare che cosa tu stia facendo in un determinato momento: ti vedo luminoso al centro di quadri di cui anche io, per un po’, ho fatto parte e dai quali adesso mi sento escluso, talvolta invece sono immagini che mi straziano la carne.
Non faccio che ripetermi che era inevitabile, e anche giusto che finisse così: eravamo arrivati al punto in cui io volevo cose che tu non volevi ancora mentre  tu ne volevi altre che io non volevo più, ma ciò che la ragione sia pure a fatica comprende il cuore rifiuta con ostinazione.
Eppure, credimi, al di sopra di tutto c’è il bene che continuo a volerti e ti auguro di essere felice, L.,  o almeno sereno; ti auguro di avere accanto qualcuno che sappia e voglia amarti con impegno, generosità e intelligenza e sappia suscitare in te altrettanto; ti auguro di imparare a distinguere il quadro dalla cornice, a dare importanza alle due o tre cose nella vita che davvero ne hanno e di non fare parte di quella maggioranza che per scoprire l’importanza delle cose deve  prima perderle.
E soprattutto spero (mi illudo?) che  quello che tu sei oggi e sarai comunque in futuro  sia anche un po’ la conseguenza del fatto di avermi conosciuto e, almeno per un po’, amato.
Ti abbraccio
P.




domenica 21 agosto 2011

Buona la prima!

Più passa il tempo, e col tempo aumentano le esperienze, più mi ritrovo a dovere ribadire una cosa che ho realizzato da tanto e che ha trovato sin qui ben poche eccezioni: quando incontro qualcuno con l'unico  scopo di scopare (come mi piacciono le allitterazioni!), e le cose vanno particolarmente bene, mi capita talora di cedere alla tentazione di rivederlo. Beh, quando accade non ne vale quasi mai la pena e devo ammettere il più delle volte  che tutto quello che poteva succedere con quella persona è già successo, la prima volta.

martedì 16 agosto 2011

Di treni persi e di amori mai nati

Ero rimasto solo in città. Come ogni anno, d'estate, C. trascorreva qualche settimana dai suoi, che vivevano lontani in una città del sud. All'uscita dal lavoro,  nel tardo pomeriggio, mi ero ritrovato dalle parti della stazione ferroviaria e con la scusa di comprare le sigarette ero entrato nell'atrio, già sapendo in realtà che sarei finito ai cessi, come tante altre volte era successo.
Per darmi un tono mi ero messo a guardare  il tabellone degli orari, poi uno sguardo all'orologio, come a valutare  il tempo mancante a una ipotetica partenza, intanto l'altoparlante annuncia un ritardo consistente per un locale che conduce a una vicina cittadina termale e un ragazzo accanto a me esplode in una imprecazione.
Lo guardo, gli sorrido, siamo sul marciapiede da cui dovrebbe  partire il treno in ritardo e tra una cosa e l'altra cominciamo a parlare; mi chiede se ci sono alternative al treno per raggiungere la sua meta, tira fuori una sigaretta, gliela accendo, mi sfiora come casualmente le mani mettendole a coppa attorno all'accendino, lo guardo negli occhi e mi sorride con un misto di timidezza e sfrontatezza indugiando ancora a sfiorarmi le mani nonostante la sigaretta sia già accesa e l'accendino spento (più tardi mi dirà che mi aveva notato mentre guardavo gli orari dei treni e che quando avevano annunciato il ritardo era stato contento in realtà e che aveva lanciato l'imprecazione per attirare la mia attenzione).
Mi racconta cosa sta facendo li: è arrivato da Torino, dove vive coi suoi genitori originari della Sicilia, per incontrarsi con la sorella, che vive a Roma, con cui passerà una settimana nella cittadina termale; ha 32 anni (come me) lavora nel negozio di ferramenta del padre, si sente frustrato per non potersi permettere di vivere da solo e  il fatto di passare quella settimana con la sorella è soprattutto  l'occasione per tirare un po' il fiato e sottrarsi almeno per qualche giorno a una convivenza che gli pesa sempre di più.
Gli offro di accompagnarlo io in macchina, e siccome non ci vogliono più di una ventina di minuti per raggiungere la sua meta, abbiamo anche il tempo per bere qualcosa assieme se gli va; dapprima mostra di esitare, gli pare di arrecarmi troppo disturbo ma si vede che è tentato di accettare, al che insisto dicendogli che  trovo la sua compagnia molto piacevole e che quindi è tutt'altro che un disturbo.
Saliamo in auto: ti va di venire da me per una birra? Risponde di sì. Non l'ho mai fatto prima, non ho mai portato nessuno a casa ma c'è qualcosa in questo ragazzo che non eccita solo un puro desiderio fisico  e sento che sarebbe fuori luogo appostarsi da qualche parte in macchina, come sono solito fare. Gli spiego che sono sposato (lo immaginavo, dice) e che sono momentaneamente solo perchè mia moglie è dai suoi: "se ti da fastidio posso capirlo" dice di no, ma mi pare di cogliere una punta di delusione, quasi di malinconia nella sua voce e nei suoi occhi.
Appena entriamo lo prendo tra le braccia e comincio a baciarlo e lui risponde manifestando un desiderio e una ingordigia che mi sorprendono; finiamo a letto e succede che per la prima volta in vita mia lascio che nel sesso con un altro uomo ci sia anche della dolcezza, della tenerezza, della carezze, degli sguardi, dei sorrisi; prima di allora mi sono sempre difeso dalla mia omosessualità relegandola a  puro sfogo fisico, anonimo, muto, degradando i miei partners occasionali a solo strumento passivo del mio piacere, non permettendo mai a me stesso di vedere in loro delle persone ma solo pezzi di corpi  e poter  così scordare tutto un attimo dopo.
Ma qualcosa negli occhi  e nel modo di fare di questo ragazzo ha abbattuto d'un colpo e inaspettatamente tutte le mie ridicole difese; siamo entrambi silenziosi e imbarazzati intanto che ci rivestiamo, gli offro qualcosa da bere e mentre prendo dal frigorifero una birra vede sul tavolo della cucina un numero di Linus (ricordo perfettamente la copertina gialla) e si mette a sfogliarlo;  gli dico che può prenderlo tanto l'ho già letto, accetta subito e mi ringrazia: lo ha perso in edicola e siccome li colleziona mi è davvero grato.
In macchina, mentre lo accompagno alla sua destinazione, accarezza ogni tanto la mano che tengo sul cambio, ma non dice una parola e nemmeno io parlo; alla fine, al momento di scendere, gli dico che averlo incontrato ha reso questa giornata davvero speciale al che replica con una  ironia un po' amara che certo, d'ora in poi tutti gli anni certamente festeggerò quella data in ricordo di questo incontro; arriviamo che è buio, scende e resta un attimo in piedi vicino alla portiera aperta, come se aspettasse qualcosa da parte mia, poi come  arrendendosi  chiude la portiera e si incammina.
E io resto li, incapace di fare uscire le parole che mi si  affacciano tutte assieme alla mente, umiliato dalla mia vigliaccheria e spaventato dalla consapevolezza che si è aperta un breccia nella diga delle mie difese e che con questo presto, molto presto, dovrò fare i conti.
Al ritorno, sull'autostrada, mi fermo a piangere in una piazzola di sosta: piango per me, per lui, per il dolore che inevitabilemnte causerò e che so però di non potere evitare.

venerdì 12 agosto 2011

A midsummer afternoon's dream

Arriva Lui, non siamo soli ma mi bacia con ostentazione, quasi a ribadire il suo possesso; è giovane, bello, si toglie la maglietta e mostra in addome scolpito, riprende a baciarmi ma squilla il cellulare, deve uscire ma tornerà subito; resto solo in casa ad aspettare il suo ritorno e... no, non è una casa, è solo la stanza di un appartamento in cui vivono anche altre persone e la finestra della stanza da sul corridoio, è aperta e penso di chiuderla perchè non voglio che nessuno veda quello che tra poco succederà in quella stanza; mentre mi accingo a farlo però  bussano alla porta: sono due operai che devono fare delle modifiche di sicurezza a non so cosa, mi arrendo, esco e raggiungo la stazione e da li a piedi mi incammino verso il mare, passando sotto un sottopassaggio che a un certo punto mi sembra il tunnel che porta all'aperto dalla stazione della metro a Spagna.
Torno a casa ma Lui non è ancora tornato, ha dimenticato il cellulare però e sul display ci sono simboli e lettere di un alfabeto che non conosco, cerco di aprire quelle che interpreto come icone di messaggi ma non ci riesco, sono inquieto, provo un gran senso di frustrazione.
In casa c'è anche Lei, sta lavorando a qualcosa al computer e mi chiede di aiutarla; mi chino verso lo schermo e lei prende la mia  mano e la porta tra le sue gambe e mi fa strusciare il suo sesso, caldo e umido: "vedi, sono pronta, ho voglia di te" mi sussurra baciandomi il collo e provocandomi un intenso brivido di piacere, ma ciononostante ritraggo la mano e cercando una scusa per sottrarmi alle sue voglie...  mi sveglio.


sabato 6 agosto 2011

E poi...


I am down to the last three fingers in the bottle,only two smokes left in the pack,and it is three in the morning.All I have is the memory of things that are no more,people that are gone,and the voice of Leonard Cohen to comfort my soul.

In memoriam

E l'hai fatta finita; hai puntato i tuoi occhi, fari senza più luce, contro il muro di un garage, respirando gli acri scarichi della tua vita diversa tanto  che più a nessuno riusciva a somigliare.
E a nesuno hai parlato perchè non ci sono parole  per spiegare un dolore che rifiuta la vita.
E la tua morte mi fa troppa paura per provarne davvero pietà.





venerdì 5 agosto 2011

Intermezzo

Le vittime del cuore
vivono di ideali
cercando un nuovo dolore
che porterà
delle ferite speciali



(Milva: Svegliano l'amante che dorme; Battiato)

Ti amo solo quando non ci sei

L'occasione è la vigilia di  Natale di qualche anno fa;  F., il mio ex  (il primo, in verità, di due ex in tutto), e il suo attuale compagno inaugurano la casa in cui vivono assieme da circa un anno e che è stata a lungo  oggetto di lavori di ristrutturazione  Dalla fine del nostro rapporto, dopo un primo periodo di risentimento e recriminazioni durato qualche anno, abbiamo ripreso i rapporti e continuato a tenerci in contatto saltuariamente ma con una certa regolarità, scambiandoci auguri per compleanni e festività canoniche e ci siamo anche rivisti qualche volta, in occasione di rimpatriate con amici comuni, ma è la prima volta che incontro M., il suo attuale compagno, con cui sta assieme da circa tre anni e con cui da un anno appunto convive. Gli invitati sono il solito esempio di varia umanità che si trova in quelle situazioni, di tutti e tre i sessi, come direbbe Rossini; la casa è bella, una sorta di ampio open space con soppalchi in vetrocemento sicchè non esiste un solo ambiente veramente privato, eccezion fatta per la camera da letto ("il talamo" mi dice F. strizzandomi l'occhio mentre mi fa visitare la casa) e il bagno; M, che al mio arrivo era impegnato a finire di sistemate il tavolo per la cena, ci raggiunge e mi saluta con simpatia: F. gli ha parlato di me, ovviamente,  al che replico: non credere neanche a una parola, e ridiamo rilassati, intanto raggiungiamo il resto degli ospiti ai quali vengo presentato e ci sediamo tutti a tavola. Mentre giravo per la casa mi ha fatto una certa impressione vedere cose che gli avevo regalato quando stavamo assieme alle pareti o sui mobili della nuova casa, quasi trapiantati da una storia all'altra, ma poi penso che sono solo oggetti e che io do un valore feticistico alle cose, quasi avessero la capacità, in un qualche modo, di conservare la memoria e le emozioni di chi le possedeva.
A un certo punto della serata, al momento dello scambio dei doni  F. e M. si scambiano delle fedi (in realtà sono il regalo di F. ad entrambi) in una sorta di matrimonio privato, un modo di dichiarare il loro voler stare assieme alla presenza degli amici, che applaudono e festeggiano così i due "novelli sposi", tra lazzi e battute di rito.
E io, che pure sono contento per F., che vedo sinceramente emozionato, in quel momento ho la assoluta consapevolezza che con me non sarebbe mai potuto succedere, e non perchè a suo tempo non lo avessi amato, anche disperatamente (è stato il mio primo uomo e per lui avevo lasciato mia moglie e mia figlia, anche se questo è forse un modo un po' semplicistico di raccontare la storia, avevo comunque  affrontato e causato molta sofferenza) in un rapporto a distanza complicato e a volte, almeno per me, lacerante. E' che io di quella distanza, anche se spesso causa di dolore e incertezze, in realtà avevo bisogno e infatti quando l'ultimo anno della nostra storia F. si era trasferito da me le cose erano rapidamente precipitate per tanti motivi, non ultimo perchè in quel lungo periodo lui era senza lavoro e di conseguenza teso e depresso e io mi sentivo schiacciato dall'ansia e non sopportavo più l'idea di rientrare dal lavoro e trovarlo li seduto sul divano ad aspettarmi.
E anche dopo di lui, anche con L., non sono mai stato capace di condividere che qualche weekend o una vacanza, ma dopo un po' non potevo fare a meno di desiderare la solitudine, di riappropiarmi della mia solitudine, la sola dimensione in cui riesco a non perdermi e a sentirmi in contatto con me stesso. Ci sono sere in cui, dopo giornate pesanti, mentre salgo i quattro piani di scale che portano al mio appartamento, l'unico pensiero capace di rasserenarmi è la consapevolezza che lo troverò vuoto, senza nessuno che mi chieda come è andata; non so, mi mancherà un enzima.

mercoledì 3 agosto 2011

Col prevenir gli affanni...

...già ne sopporti il peso (Metastasio, La Didone abbandonata, 1724).
Faccio fatica ad immaginare una definizione migliore per quella che tanti anni dopo Freud definirà ansia anticipatoria; anni di analisi con alterne fortune e poi un giorno ascolti casualmente un'opera di Piccinni, che francamente ti annoia anche un po', quando ecco che ti imbatti in questa frase e sei come illuminato, folgorato: ecco qual'è il problema!
Per molto tempo hai creduto che se ti fossi impegnato ad essere vigile e attento avresti potuto prevedere ed evitare gli errori, le difficoltà, i dolori, o quanto meno ridurne l'impatto sulla tua vita e su quella delle persone che amavi; in realtà hai passato gran parte della tua vita ad immaginare drammi e disastri che per fortuna, e non per merito tuo, semplicemente non sono avvenuti ma per i quali in realtà, solo immaginandoli, hai sofferto come se fossero successi davvero. E nel frattempo la tua vita era bloccata in questa inutile ed immaginaria lotta e passava inesorabilmente mentre tu, intanto, la immaginavi.