martedì 23 agosto 2011

Lettere d'amore

Caro L.
Chissà se ti ricordi che domani sarà il mio compleanno.
Anche non volendo certe date finiscono per diventare momenti in cui si tirano le somme e si tentano bilanci che raramente quadrano come vorremmo, anche se mentre lo scrivo mi rendo conto che questo probabilmente accade a quelli della mia età e che forse  ancora non ti riguarda, per fortuna.
Oramai è più di  un anno che tu non fai più parte della mia vita, quella reale intendo, eppure non è passato un solo giorno che io non  abbia pensato a te; mi sono accorto che non c’è un solo ambito della mia vita in cui non ci sia qualcosa che, inevitabilmente,  mi faccia pensare a te: passo dal parcheggio della banca dove talvolta posteggiavi e mi aspetto (temo? spero?) di vedere la tua auto e se per strada ne incrocio una simile è inevitabile avvertire una specie di frullio d’ali nel petto; evito  persino di andare  da S. e la R. perché il tempo del viaggio, soprattutto di quello del ritorno, diventa il tempo del ricordo di tutte le volte che l’ho  fatto assieme a te.
Che vizio inutile e doloroso la memoria, L.,  che dono del cielo può essere l’oblio!
Non sono però particolarmente infelice, per lo meno non sempre; ho momenti di serenità e la vita va avanti comunque, con le sue esigenze e i  problemi che ti obbligano a farvi fronte, per fortuna; ma l’allegria no, quella non c’è più: e mi rendo conto che eri tu la mia allegria, eri tu la mia capacità di immaginarmi diverso da come sono: un uomo di mezza età  forse un po’ ridicolo e, spero, non troppo patetico!
Il peggio è quando mi capita di immaginare che cosa tu stia facendo in un determinato momento: ti vedo luminoso al centro di quadri di cui anche io, per un po’, ho fatto parte e dai quali adesso mi sento escluso, talvolta invece sono immagini che mi straziano la carne.
Non faccio che ripetermi che era inevitabile, e anche giusto che finisse così: eravamo arrivati al punto in cui io volevo cose che tu non volevi ancora mentre  tu ne volevi altre che io non volevo più, ma ciò che la ragione sia pure a fatica comprende il cuore rifiuta con ostinazione.
Eppure, credimi, al di sopra di tutto c’è il bene che continuo a volerti e ti auguro di essere felice, L.,  o almeno sereno; ti auguro di avere accanto qualcuno che sappia e voglia amarti con impegno, generosità e intelligenza e sappia suscitare in te altrettanto; ti auguro di imparare a distinguere il quadro dalla cornice, a dare importanza alle due o tre cose nella vita che davvero ne hanno e di non fare parte di quella maggioranza che per scoprire l’importanza delle cose deve  prima perderle.
E soprattutto spero (mi illudo?) che  quello che tu sei oggi e sarai comunque in futuro  sia anche un po’ la conseguenza del fatto di avermi conosciuto e, almeno per un po’, amato.
Ti abbraccio
P.




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