venerdì 5 agosto 2011

Ti amo solo quando non ci sei

L'occasione è la vigilia di  Natale di qualche anno fa;  F., il mio ex  (il primo, in verità, di due ex in tutto), e il suo attuale compagno inaugurano la casa in cui vivono assieme da circa un anno e che è stata a lungo  oggetto di lavori di ristrutturazione  Dalla fine del nostro rapporto, dopo un primo periodo di risentimento e recriminazioni durato qualche anno, abbiamo ripreso i rapporti e continuato a tenerci in contatto saltuariamente ma con una certa regolarità, scambiandoci auguri per compleanni e festività canoniche e ci siamo anche rivisti qualche volta, in occasione di rimpatriate con amici comuni, ma è la prima volta che incontro M., il suo attuale compagno, con cui sta assieme da circa tre anni e con cui da un anno appunto convive. Gli invitati sono il solito esempio di varia umanità che si trova in quelle situazioni, di tutti e tre i sessi, come direbbe Rossini; la casa è bella, una sorta di ampio open space con soppalchi in vetrocemento sicchè non esiste un solo ambiente veramente privato, eccezion fatta per la camera da letto ("il talamo" mi dice F. strizzandomi l'occhio mentre mi fa visitare la casa) e il bagno; M, che al mio arrivo era impegnato a finire di sistemate il tavolo per la cena, ci raggiunge e mi saluta con simpatia: F. gli ha parlato di me, ovviamente,  al che replico: non credere neanche a una parola, e ridiamo rilassati, intanto raggiungiamo il resto degli ospiti ai quali vengo presentato e ci sediamo tutti a tavola. Mentre giravo per la casa mi ha fatto una certa impressione vedere cose che gli avevo regalato quando stavamo assieme alle pareti o sui mobili della nuova casa, quasi trapiantati da una storia all'altra, ma poi penso che sono solo oggetti e che io do un valore feticistico alle cose, quasi avessero la capacità, in un qualche modo, di conservare la memoria e le emozioni di chi le possedeva.
A un certo punto della serata, al momento dello scambio dei doni  F. e M. si scambiano delle fedi (in realtà sono il regalo di F. ad entrambi) in una sorta di matrimonio privato, un modo di dichiarare il loro voler stare assieme alla presenza degli amici, che applaudono e festeggiano così i due "novelli sposi", tra lazzi e battute di rito.
E io, che pure sono contento per F., che vedo sinceramente emozionato, in quel momento ho la assoluta consapevolezza che con me non sarebbe mai potuto succedere, e non perchè a suo tempo non lo avessi amato, anche disperatamente (è stato il mio primo uomo e per lui avevo lasciato mia moglie e mia figlia, anche se questo è forse un modo un po' semplicistico di raccontare la storia, avevo comunque  affrontato e causato molta sofferenza) in un rapporto a distanza complicato e a volte, almeno per me, lacerante. E' che io di quella distanza, anche se spesso causa di dolore e incertezze, in realtà avevo bisogno e infatti quando l'ultimo anno della nostra storia F. si era trasferito da me le cose erano rapidamente precipitate per tanti motivi, non ultimo perchè in quel lungo periodo lui era senza lavoro e di conseguenza teso e depresso e io mi sentivo schiacciato dall'ansia e non sopportavo più l'idea di rientrare dal lavoro e trovarlo li seduto sul divano ad aspettarmi.
E anche dopo di lui, anche con L., non sono mai stato capace di condividere che qualche weekend o una vacanza, ma dopo un po' non potevo fare a meno di desiderare la solitudine, di riappropiarmi della mia solitudine, la sola dimensione in cui riesco a non perdermi e a sentirmi in contatto con me stesso. Ci sono sere in cui, dopo giornate pesanti, mentre salgo i quattro piani di scale che portano al mio appartamento, l'unico pensiero capace di rasserenarmi è la consapevolezza che lo troverò vuoto, senza nessuno che mi chieda come è andata; non so, mi mancherà un enzima.

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